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mercoledì 13 febbraio 2013
venerdì 28 settembre 2012
La Cina snobba il dollaro e paga il petrolio in yuan. Per gli esperti questa nuova guerra è l'inizio di un nuovo ordine mondiale
A sud dell'Iran, nel Golfo Persico, si erge l'isola di Kish. Questo piccolo lembo di terra, dove vivono poco più di 20mila abitanti, è sconosciuto ai più ma potrebbe presto conquistare fama. Perché nel luglio 2011 il ministro del Petrolio ad interim iraniano ha inaugurato in questa isola la prima Borsa al mondo dove è possibile acquistare e vendere petrolio senza avere un dollaro.
Per questo motivo c'è chi pensa che l'isola di Kish, così come la cittadina del New Hempshire Bretton Woods è stata per circa 30 anni (dal 1944 al 1971) il simbolo del nuovo ordine mondiale al termine della Seconda Guerra Mondiale, potrebbe divenire il simbolo di un nuovo ordine generato dall'attuale guerra delle valute.
Il biglietto verde, si sa, è la valuta di riferimento per lo scambio delle materie prime nel mondo. Ed è anche grazie a questo motivo che dal 1971 - da quando l'allora presidente Richard Nixon decise di interrompere la convertibilità del dollaro in oro mandando in una notte d'agosto in pensione gli accordi di Bretton Woods del 1944 - gli Stati Uniti continuano ad essere la prima superpotenza del pianeta, questo nonostante un debito pubblico e un deficit elevatissimi.
Ma cosa succederebbe se il petrolio - la materia prima che fa girare il mondo - non fosse più scambiato in dollari, ovvero nella più grande riserva valutaria mondiale? La domanda è tornata prepotentemente alla ribalta nelle ultime 24 ore, da quando la Cina ha comunicato che dal 6 settembre ha iniziato a compravendere petrolio in yuan (senza passare dal dollaro) per le forniture provenienti dalla Russia. È un duro affronto agli Stati Uniti e a quell' "equilibrio del terrore" su cui si reggono le relazioni internazionali tra i due Paesi (la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti) o semplicemente un tentativo per stimolare la domanda interna in una fase di rallentamento dell'economia cinese?
«La decisione della Cina di pagare in yuan le forniture di petrolio provenienti dalla Russia, che ha accettato di buon grado, rispondendo che le risorse a di oro nero a favore del partner asiatico saranno illimitate, benché poco reclamizzata dai media, potrebbe essere l'alba di un nuovo ordine valutario mondiale dove il dollaro potrebbe progressivamente perdere il proprio ruolo centrale - spiega Gabriele Vedani, managing director di Fxcm Italia -. Non dimentichiamo infatti che il bene di gran lunga più scambiato oggi al mondo è proprio il petrolio. Potenzialmente devastante per il biglietto verde con effetti difficilmente reversibili nel medio/lungo termine».
Secondo Vincenzo Longo di Ig «è da diverso tempo che la Cina "minaccia" di voler incrementare gli scambi commerciali con i propri partner in yuan e la decisione dello scorso giugno di utilizzare lo yuan negli scambi con il Giappone e con l'Iran, a maggio, non sono certo un caso (a cui si aggiunta la novità delle forniture della Russia da settembre, ndr). Gli effetti potrebbero essere destabilizzanti sugli equilibri internazionali. La diffusione dello yuan come moneta di scambio incrementerebbe la sua forza e potrebbe minacciare presto il ruolo di predominio del dollaro statunitense. Le materie prime - continua Longo -potrebbero essere il primo comparto che potrebbero vedere la sostituzione del biglietto verde con lo yuan. Di fatto la Cina è il principale importatore al mondo di metalli e potrebbe decidere di imporre ai Paesi esportatori la necessità di accettare yuan come corrispettivo delle merci. I Paesi esportatori non avrebbero altra via che accettare yuan, come accaduta per l'Iran a maggio dopo l'embargo imposto dalla Ue. La crescente quantità di yuan che i principali partner commerciali potrebbero trovarsi nelle proprie casse ne incrementerebbero il ruolo di riserva di valore. Il dollaro statunitense perderebbe il ruolo di bene rifugio. Probabilmente quando accadrà ciò gli Stati Uniti potrebbero essere scavalcati nel ruolo di potenza mondiale proprio dal gigante asiatico».
Il dollaro è destinato a rimanere sotto pressione anche per altri due motivi. «Il primo riguarda le elezioni presidenziali - sottolinea Vedani -. La conferma di Obama, al momento probabile, potrebbe significare nessuna modifica della politica economica fiscale e quindi nessuna necessità di rivedere la estremamente generosa politica monetaria di cui ho detto sopra. Quindi dollaro nel breve medio termine sotto pressione perchè valuta di indebitamento». Il secondo? «Qe3, twist e l'acquisto di asset backed securities: tre parole per ribadire che il "rubinetto" da cui oggi sgorgano generosamente dollari rimarrà aperto per almeno un biennio; per la legge della relazione inversa tra offerta di un bene e prezzo dello stesso, dollaro ancora sotto pressione».
E l'euro, come si inserisce in questo duello Usa-Cina ? «Al momento - conclude Longo - l'euro non possiede la stabilità e la forza necessaria per poter essere inserito nella lotta come valuta di riferimento».
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Per questo motivo c'è chi pensa che l'isola di Kish, così come la cittadina del New Hempshire Bretton Woods è stata per circa 30 anni (dal 1944 al 1971) il simbolo del nuovo ordine mondiale al termine della Seconda Guerra Mondiale, potrebbe divenire il simbolo di un nuovo ordine generato dall'attuale guerra delle valute.
Il biglietto verde, si sa, è la valuta di riferimento per lo scambio delle materie prime nel mondo. Ed è anche grazie a questo motivo che dal 1971 - da quando l'allora presidente Richard Nixon decise di interrompere la convertibilità del dollaro in oro mandando in una notte d'agosto in pensione gli accordi di Bretton Woods del 1944 - gli Stati Uniti continuano ad essere la prima superpotenza del pianeta, questo nonostante un debito pubblico e un deficit elevatissimi.
Ma cosa succederebbe se il petrolio - la materia prima che fa girare il mondo - non fosse più scambiato in dollari, ovvero nella più grande riserva valutaria mondiale? La domanda è tornata prepotentemente alla ribalta nelle ultime 24 ore, da quando la Cina ha comunicato che dal 6 settembre ha iniziato a compravendere petrolio in yuan (senza passare dal dollaro) per le forniture provenienti dalla Russia. È un duro affronto agli Stati Uniti e a quell' "equilibrio del terrore" su cui si reggono le relazioni internazionali tra i due Paesi (la Cina è il maggiore creditore degli Stati Uniti) o semplicemente un tentativo per stimolare la domanda interna in una fase di rallentamento dell'economia cinese?
«La decisione della Cina di pagare in yuan le forniture di petrolio provenienti dalla Russia, che ha accettato di buon grado, rispondendo che le risorse a di oro nero a favore del partner asiatico saranno illimitate, benché poco reclamizzata dai media, potrebbe essere l'alba di un nuovo ordine valutario mondiale dove il dollaro potrebbe progressivamente perdere il proprio ruolo centrale - spiega Gabriele Vedani, managing director di Fxcm Italia -. Non dimentichiamo infatti che il bene di gran lunga più scambiato oggi al mondo è proprio il petrolio. Potenzialmente devastante per il biglietto verde con effetti difficilmente reversibili nel medio/lungo termine».
Secondo Vincenzo Longo di Ig «è da diverso tempo che la Cina "minaccia" di voler incrementare gli scambi commerciali con i propri partner in yuan e la decisione dello scorso giugno di utilizzare lo yuan negli scambi con il Giappone e con l'Iran, a maggio, non sono certo un caso (a cui si aggiunta la novità delle forniture della Russia da settembre, ndr). Gli effetti potrebbero essere destabilizzanti sugli equilibri internazionali. La diffusione dello yuan come moneta di scambio incrementerebbe la sua forza e potrebbe minacciare presto il ruolo di predominio del dollaro statunitense. Le materie prime - continua Longo -potrebbero essere il primo comparto che potrebbero vedere la sostituzione del biglietto verde con lo yuan. Di fatto la Cina è il principale importatore al mondo di metalli e potrebbe decidere di imporre ai Paesi esportatori la necessità di accettare yuan come corrispettivo delle merci. I Paesi esportatori non avrebbero altra via che accettare yuan, come accaduta per l'Iran a maggio dopo l'embargo imposto dalla Ue. La crescente quantità di yuan che i principali partner commerciali potrebbero trovarsi nelle proprie casse ne incrementerebbero il ruolo di riserva di valore. Il dollaro statunitense perderebbe il ruolo di bene rifugio. Probabilmente quando accadrà ciò gli Stati Uniti potrebbero essere scavalcati nel ruolo di potenza mondiale proprio dal gigante asiatico».
Il dollaro è destinato a rimanere sotto pressione anche per altri due motivi. «Il primo riguarda le elezioni presidenziali - sottolinea Vedani -. La conferma di Obama, al momento probabile, potrebbe significare nessuna modifica della politica economica fiscale e quindi nessuna necessità di rivedere la estremamente generosa politica monetaria di cui ho detto sopra. Quindi dollaro nel breve medio termine sotto pressione perchè valuta di indebitamento». Il secondo? «Qe3, twist e l'acquisto di asset backed securities: tre parole per ribadire che il "rubinetto" da cui oggi sgorgano generosamente dollari rimarrà aperto per almeno un biennio; per la legge della relazione inversa tra offerta di un bene e prezzo dello stesso, dollaro ancora sotto pressione».
E l'euro, come si inserisce in questo duello Usa-Cina ? «Al momento - conclude Longo - l'euro non possiede la stabilità e la forza necessaria per poter essere inserito nella lotta come valuta di riferimento».
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venerdì 21 settembre 2012
Basel III: Now the hard part for European banks
New banking rules will squeeze capital and profits. But there are ways that banks can cope.
At this month’s G-20 summit in Seoul, South Korea, global leaders endorsed the new rules on bank capital and funding issued by the Basel Committee on Banking Supervision. Now, banks in Europe and the United States face the challenge of finding ways to substantially boost their stocks of capital and funding under the new rules, which are intended to make the international banking system more resilient by addressing many of the flaws that became apparent during the credit crisis.Our research suggests that the task will not be easy. Barring any mitigating actions, we estimate that banks in Europe and the United States will have to raise about €1.65 trillion of new capital, about €1.9 trillion of short-term liquidity, and about €4.5 trillion of long-term funding. The capital shortfall is equivalent to about 60 percent of all outstanding Tier 1 capital, and the short-term liquidity gap is about 50 percent of all the liquidity that banks currently hold. Banks are already mobilizing to reprice assets and cut costs further. Whatever they do, the new rules are sure to dent their profits. Our analysis shows that these rules could reduce return on equity (ROE) for the average European bank by between 3.7 and 4.3 percentage points by 2019, from the pre-crisis ROE average of 15 percent (pre-tax). Some banks might be hit even harder.
We believe banking leaders can respond through several actions. Among them is a set of “no regret” interventions to reduce capital and liquidity inefficiency. Banks can go further to restructure their balance sheets to improve the quality of capital and funding while also developing approaches to manage these scarce resources more thoughtfully. Some banks may recover up to 1.5 percentage points of ROE through these steps. Finally, several banks may seize the opportunity to effect substantial changes to their business model, making it more capital- and liquidity-efficient, adding new products, or scaling back some capital-intensive businesses. These steps may also help banks regain lost ground.
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Eurozona
mercoledì 20 giugno 2012
Rendimenti Spagna: superato il punto di NON ritorno
Crisi Spagna. Bonos 10 anni: rendimento stabilmente sopra il 7%. Asta di oggi: tassi praticamente raddoppiati a 12 mesi. La storia insegna che…
Il problema era Atene? Risposta sbagliata.
Bastava fare le elezioni n Grecia per far tornare l’euforia? Assolutamente no. La Grecia rappresenta una tappa. Il problema grande continua ad essere sempre lei, la Spagna con le sue banche.
Ieri il decennale spagnolo (Bonos 10yr) si è stabilmente collocato sopra la soglia critica del 7%. Ed il mercato non ha potuto far altro che aumentare il suo nervosismo , soprattutto nei confronti di chi rappresenta il massimo rischio a livello volumetrico: Spagna ed Italia.
Ricordate cosa dicevo in questo post del 01/06/2012?
E’ assolutamente evidente che, quando il bond a 10 annni rompe al rialzo il tasso del 7%, succede un qualcosa di decisamente negativo. Scatta un vero sell off che comporta non solo il crollo del prezzo dei bond ma un inevitabile aumento dei rendimenti, con tutto quello che ne consegue come effetto domino (costi, speculazione, paura, ecc ecc).
Riprendetevi questo post (ne vale la pena, anche per le tabelle che troverete in esso) meditate. Ieri la Spagna come detto ha superato in modo stabile il livello del 7% (ora al 7.20%)
Ovviamente hanno influito anche le voci PRIMA CITATE di una possibile insufficienza del piano di bailout per le banche spagnole. E ovviamente hanno influito i dati sulle sofferenze bancarie: pari all’8.72% sul totale, ovvero circa 153 miliardi di Euro (le previsioni sono di un rapido superamento di quota 9%). E l’asta di oggi a 12-18 mesi non è certo stata entusiasmante a livello di rendimenti. I titoli a 12 mesi hanno un rendimento che passa dal 2.985% dell’asta precedente al 5.074%, e a 18 mesi si passa dal 3.302% al 5.10%. La curva si appiattissce verso l’altro. il mercato teme il default nell’arco dei prossimi 24 mesi.
Grafico rendimento Bonos ESP 10yr
Questo è un segnale fortissimo. La Spagna è FORTEMENTE a rischio… il cosiddetto “punto di non ritorno” è stato superato (noi per fortuna viaggiamo sul 10yr al 6% ma non abbassiamo la guardia) e se la storia insegna….
Il problema era Atene? Risposta sbagliata.
Bastava fare le elezioni n Grecia per far tornare l’euforia? Assolutamente no. La Grecia rappresenta una tappa. Il problema grande continua ad essere sempre lei, la Spagna con le sue banche.
Ieri il decennale spagnolo (Bonos 10yr) si è stabilmente collocato sopra la soglia critica del 7%. Ed il mercato non ha potuto far altro che aumentare il suo nervosismo , soprattutto nei confronti di chi rappresenta il massimo rischio a livello volumetrico: Spagna ed Italia.
Ricordate cosa dicevo in questo post del 01/06/2012?
E’ assolutamente evidente che, quando il bond a 10 annni rompe al rialzo il tasso del 7%, succede un qualcosa di decisamente negativo. Scatta un vero sell off che comporta non solo il crollo del prezzo dei bond ma un inevitabile aumento dei rendimenti, con tutto quello che ne consegue come effetto domino (costi, speculazione, paura, ecc ecc).
Riprendetevi questo post (ne vale la pena, anche per le tabelle che troverete in esso) meditate. Ieri la Spagna come detto ha superato in modo stabile il livello del 7% (ora al 7.20%)
Ovviamente hanno influito anche le voci PRIMA CITATE di una possibile insufficienza del piano di bailout per le banche spagnole. E ovviamente hanno influito i dati sulle sofferenze bancarie: pari all’8.72% sul totale, ovvero circa 153 miliardi di Euro (le previsioni sono di un rapido superamento di quota 9%). E l’asta di oggi a 12-18 mesi non è certo stata entusiasmante a livello di rendimenti. I titoli a 12 mesi hanno un rendimento che passa dal 2.985% dell’asta precedente al 5.074%, e a 18 mesi si passa dal 3.302% al 5.10%. La curva si appiattissce verso l’altro. il mercato teme il default nell’arco dei prossimi 24 mesi.
Grafico rendimento Bonos ESP 10yr
Questo è un segnale fortissimo. La Spagna è FORTEMENTE a rischio… il cosiddetto “punto di non ritorno” è stato superato (noi per fortuna viaggiamo sul 10yr al 6% ma non abbassiamo la guardia) e se la storia insegna….
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Eurozona
domenica 17 giugno 2012
Greece Votes With Euro at Stake on Eve of Global Summit
Greeks started voting for the second time in six weeks in an election that may determine the fate of the euro currency as global leaders gather for their annual summit.
With 21 parties on the ballot, the main event pits Syriza leader Alexis Tsipras, who has promised to renege on budget cuts demanded by creditors in exchange for a pair of bailouts, against New Democracy's Antonis Samaras, who says his challenger is risking an exit from the currency union.
"The first thing we must determine in the elections on June 17 is to choose between the euro or drachma," Samaras said in his final appeal June 15 in Athens. The night before, Tsipras told supporters to "turn your backs on the two parties of bankruptcy," urging them to reject the two main parties.
The vote will turn on whether Greeks, in a fifth year of recession, accept open-ended austerity to stay in the euro or reject the bailout conditions and risk the turmoil of exiting the 17-nation currency. Group of 20 leaders begin their annual gathering in Los Cabos, Mexico, tomorrow, though France's Francois Hollande and Germany's Angela Merkel won't leave until after the outcome in Greece is known.
Exit Polls
Exit polls will be released when voting ends at 7 p.m. in Athens, with a first official estimate due around 9:30 p.m. The final polls, published on June 1, showed no party set to win a majority. The election marks a revote after the May 6 ballot failed to yield a government.
Tsipras and Samaras ran even in final opinion polls. The socialist Pasok party, which won the 2009 election and led the country into the bailout, was third at about 13 percent.
Now in its third year, the European debt crisis has rounded back to Greece, which sparked the turmoil in October 2009 when Pasok Prime Minister George Papandreou revealed a deficit four times more than European rules allowed. Greece has since gotten two rescue packages totaling 240 billion euros ($303 billion) from the European Union and International Monetary Fund.
The ballot will also mark the first test for a 100 billion- euro firewall for Spain, which on June 9 became the fourth euro country after Greece, Ireland and Portugal to seek a rescue.
Central banks intensified warnings that Europe's failure to tame its debt crisis threatens to roil the world's financial markets and economy as Greece's election looms as the next flashpoint for investors. European finance ministers plan to issue a statement at the G-20 summit.
'Black Cloud'
The Greek turmoil has cast a pall around the world, with Bank of England Governor Mervyn King calling the euro debt crisis a "black cloud" over the global economy.
The euro, created in 1999 and adopted by Greece in 2001, has lost 3.3 percent since May 6, when Syriza's second-place finish increased the prospect of a Greek exit from the currency union. New Democracy won 18.9 percent in the May 6 election and Syriza got 16.8 percent.
Tsipras has pledged to keep Greece in the euro even while scrapping state-asset sales, civil-service job cuts and wage and pension reductions. Samaras says Tsipras's policies risk forcing Greece out of the euro and causing hyperinflation, bank runs and widespread poverty.
Samaras said the choices facing Greeks at the ballot-box are government or instability; the euro or drachma. A vote for Syriza "means Greece out of the euro," he said.
Tsipras told Athenians June 14 that he was sending a message that nobody should bet on Greece leaving the euro area.
Challenging Merkel
New Democracy and Pasok "lowered the Greek flag and surrendered it to Angela Merkel," the German chancellor who led the demand for austerity, he said.
Standard & Poor's said in a June 4 report that the chance of Greece leaving the euro in coming months was one-in-three. Citigroup Inc. (C) said it maintained its 50 percent to 75 percent probability of a Greek exit over the next 18 months.
"The durability of any new Greek government will be limited due to implementation changes, continuing public opposition to austerity and vested interest opposition to structural reforms and privatization," Tina Fordham, senior global political analyst at Citigroup Inc. in London, said in a June 15 note.
New Democracy led Syriza by 22.7 percent to 22 percent, according to an ANT1 TV poll on June 1, the last date surveys were made public in accordance with Greek election law. Neither party has enough support to rule outright.
Third Round
Samaras said in his June 15 speech that the country couldn't survive a third round of elections and that he'd work to form a government to save the country with partners on two conditions: that Greece remain in the euro and that a new administration would renegotiate the terms of the bailout accords.
The spending reductions demanded by the troika of creditors from the EU, the European Central Bank and the IMF to bring the country back to financial health have included cuts to pensions and the minimum wage amid tax increases, sending unemployment to a record of more than 22 percent.
Worried Greeks have stepped up the pace of withdrawing their savings before the elections on concern the nation may move closer to abandoning the euro, bankers familiar with the situation said on June 13.
Bank Deposits
Deposit outflows jumped in the days following the May 6 election and were as much as 6 billion euros in May, Athens- based Kathimerini newspaper reported June 9, without saying where it got the information. Greek bank deposits by businesses and households rose to 166 billion euros in April from 165.4 billion euros the previous month, according to a statement by the Bank of Greece on its website on May 31.
The outflow is increasing the strain on a banking system that has suffered since the beginning of the crisis. An exit from the euro would cut lenders off from access to ECB funding.
Papandreou, speaking today in an interview with the BBC, said the situation is "stable if we stay in the euro," and warned of a "catastrophic" outcome if the nation were to abandon the single currency.
To contact the reporters on this story: Maria Petrakis in Athens at mpetrakis@bloomberg.net; Natalie Weeks in Athens at nweeks2@bloomberg.net
To contact the editor responsible for this story: James Hertling at jhertling@bloomberg.net
Find out more about Bloomberg for iPhone: http://m.bloomberg.com/iphone/With 21 parties on the ballot, the main event pits Syriza leader Alexis Tsipras, who has promised to renege on budget cuts demanded by creditors in exchange for a pair of bailouts, against New Democracy's Antonis Samaras, who says his challenger is risking an exit from the currency union.
"The first thing we must determine in the elections on June 17 is to choose between the euro or drachma," Samaras said in his final appeal June 15 in Athens. The night before, Tsipras told supporters to "turn your backs on the two parties of bankruptcy," urging them to reject the two main parties.
The vote will turn on whether Greeks, in a fifth year of recession, accept open-ended austerity to stay in the euro or reject the bailout conditions and risk the turmoil of exiting the 17-nation currency. Group of 20 leaders begin their annual gathering in Los Cabos, Mexico, tomorrow, though France's Francois Hollande and Germany's Angela Merkel won't leave until after the outcome in Greece is known.
Exit Polls
Exit polls will be released when voting ends at 7 p.m. in Athens, with a first official estimate due around 9:30 p.m. The final polls, published on June 1, showed no party set to win a majority. The election marks a revote after the May 6 ballot failed to yield a government.
Tsipras and Samaras ran even in final opinion polls. The socialist Pasok party, which won the 2009 election and led the country into the bailout, was third at about 13 percent.
Now in its third year, the European debt crisis has rounded back to Greece, which sparked the turmoil in October 2009 when Pasok Prime Minister George Papandreou revealed a deficit four times more than European rules allowed. Greece has since gotten two rescue packages totaling 240 billion euros ($303 billion) from the European Union and International Monetary Fund.
The ballot will also mark the first test for a 100 billion- euro firewall for Spain, which on June 9 became the fourth euro country after Greece, Ireland and Portugal to seek a rescue.
Central banks intensified warnings that Europe's failure to tame its debt crisis threatens to roil the world's financial markets and economy as Greece's election looms as the next flashpoint for investors. European finance ministers plan to issue a statement at the G-20 summit.
'Black Cloud'
The Greek turmoil has cast a pall around the world, with Bank of England Governor Mervyn King calling the euro debt crisis a "black cloud" over the global economy.
The euro, created in 1999 and adopted by Greece in 2001, has lost 3.3 percent since May 6, when Syriza's second-place finish increased the prospect of a Greek exit from the currency union. New Democracy won 18.9 percent in the May 6 election and Syriza got 16.8 percent.
Tsipras has pledged to keep Greece in the euro even while scrapping state-asset sales, civil-service job cuts and wage and pension reductions. Samaras says Tsipras's policies risk forcing Greece out of the euro and causing hyperinflation, bank runs and widespread poverty.
Samaras said the choices facing Greeks at the ballot-box are government or instability; the euro or drachma. A vote for Syriza "means Greece out of the euro," he said.
Tsipras told Athenians June 14 that he was sending a message that nobody should bet on Greece leaving the euro area.
Challenging Merkel
New Democracy and Pasok "lowered the Greek flag and surrendered it to Angela Merkel," the German chancellor who led the demand for austerity, he said.
Standard & Poor's said in a June 4 report that the chance of Greece leaving the euro in coming months was one-in-three. Citigroup Inc. (C) said it maintained its 50 percent to 75 percent probability of a Greek exit over the next 18 months.
"The durability of any new Greek government will be limited due to implementation changes, continuing public opposition to austerity and vested interest opposition to structural reforms and privatization," Tina Fordham, senior global political analyst at Citigroup Inc. in London, said in a June 15 note.
New Democracy led Syriza by 22.7 percent to 22 percent, according to an ANT1 TV poll on June 1, the last date surveys were made public in accordance with Greek election law. Neither party has enough support to rule outright.
Third Round
Samaras said in his June 15 speech that the country couldn't survive a third round of elections and that he'd work to form a government to save the country with partners on two conditions: that Greece remain in the euro and that a new administration would renegotiate the terms of the bailout accords.
The spending reductions demanded by the troika of creditors from the EU, the European Central Bank and the IMF to bring the country back to financial health have included cuts to pensions and the minimum wage amid tax increases, sending unemployment to a record of more than 22 percent.
Worried Greeks have stepped up the pace of withdrawing their savings before the elections on concern the nation may move closer to abandoning the euro, bankers familiar with the situation said on June 13.
Bank Deposits
Deposit outflows jumped in the days following the May 6 election and were as much as 6 billion euros in May, Athens- based Kathimerini newspaper reported June 9, without saying where it got the information. Greek bank deposits by businesses and households rose to 166 billion euros in April from 165.4 billion euros the previous month, according to a statement by the Bank of Greece on its website on May 31.
The outflow is increasing the strain on a banking system that has suffered since the beginning of the crisis. An exit from the euro would cut lenders off from access to ECB funding.
Papandreou, speaking today in an interview with the BBC, said the situation is "stable if we stay in the euro," and warned of a "catastrophic" outcome if the nation were to abandon the single currency.
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mercoledì 13 giugno 2012
UniCredit's HVB Plans Emergency Meeting on Greece
UniCredit's HVB Plans Emergency Meeting on Greece, Reuters Said June 12 (Bloomberg) -- HVB Group, UniCredit SpA's German banking unit, may schedule a meeting for June 17, the day of the Greek elections, Reuters reported, citing unit Chief Executive Officer Theodor Weimer.
The lender will decide June 15 whether the board will meet two days later to prepare for the worst case scenario that the opponents of reforms in Greece will win the election, the newswire said.
The meeting should discuss how to organize transactions to avoid being the last bank that still sends euros to the country, Reuters cited Weimer as saying. The likeliness of such a scenario is clearly below 50 percent, Weimer also said, Reuters reported.
To contact the reporter on this story: Karin Matussek in Berlin at
kmatussek@bloomberg.net
To contact the editor responsible for this story: Anthony Aarons at .
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The lender will decide June 15 whether the board will meet two days later to prepare for the worst case scenario that the opponents of reforms in Greece will win the election, the newswire said.
The meeting should discuss how to organize transactions to avoid being the last bank that still sends euros to the country, Reuters cited Weimer as saying. The likeliness of such a scenario is clearly below 50 percent, Weimer also said, Reuters reported.
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martedì 12 giugno 2012
mercoledì 30 maggio 2012
La “Kill List” di Obama
Il quotidiano “New York Times” e il settimanale “Newsweek” hanno pubblicato un’inchiesta che svela alcuni aspetti della politica adottata dal presidente americano che tanto aveva a cuore la pace della nazione e che si faceva scudo, durante la sua campagna elettorale del 2008, con gli ideali che lo hanno portato poi alla vittoria. Ma quello che accade il “Terror Tuesday”, martedi dell’orrore, nella “Situation Room” della Casa Bianca è a dir poco ammirevole. Ogni settimana Barack Obama accoglie John Brennan, consigliere antiterrorismo nonché funzionario della Cia per 25 anni, Tom Donilon, consigliere per la Sicurezza Nazionale, e David Axelrod, stratega politico, e insieme vagliano i dati raccolti da un centinaio di funzionari dell’antiterrorismo, autori di una “Kill List”, si tratta di una lista di nomi dei terroristi ritenuti più pericolosi appartenenti ad Al Qaeda e che dovranno essere uccisi. La sorte dei criminali è autorizzata dal presidente che, nonostante vanta il premio Nobel per la Pace 2009, rilascia la licenza di uccidere in seguito a una nomination consentendo così una logica di eliminazione violenta messa in atto dagli uomini del Pentagono e della Cia.
Il più strano dei riti burocratici che si compie nell’ala ovest della dimora presidenziale fa decadere le promesse che Obama aveva fatto alla sua nazione come quella della chiusura della prigione di Guantanamo che risulta, invece, funzionante e dove sono rinchiusi alcuni terroristi come Faisal Shalizad che fu arrestato per la tentata strage al Times Square nel 2010 e dichiara come i droni colpiscano indistintamente tutta la popolazione, anche i bambini. I droni americani, infatti, sono le armi predilette dalle potenze belliche impegnate in questa lotta al terrorismo che mira e colpisce non solo i jihadisti di Al Qaeda. A settembre è stato ucciso Anwar al-Awlaqui, un cittadino americano di origine yemenita, leader di Al Qaeda nella penisola arabica, e dall’inizio di aprile, inoltre, sono state colpite le basi terroristiche dove sono morti 14 colonnelli in Yemen, 6 in Pakistan , 1 in Afghanistan, e altri uomini anche in Yemen e in Somalia.
Barack Obama, tuttavia, intende precisare che è opportuno evitare il più possibile di coinvolgere tra i bersagli anche i civili ma se i cosiddetti “combattenti”, uomini di età adultà, si trovano nei paragi dell’obiettivo sono da considerarsi collaboratori dei terroristi. L’utilizzo degli UAV, Unmanned Aerial Vehicles, cioè i droni che sono muniti di super armi e sono in grado di volare senza la guida di un pilota umano mettono in atto una strategia militaristica potente e micidiale che si scontra con i progetti di pace che il presidente prometteva. Ora, invece, anche lui sostiene una guerra definita giusta e sfogliando le foto di coloro che terrorizzano il mondo non esita a dare l’ok per una esecuzione che non risparmia neanche gli adolescenti perché, come afferma Obama “se iniziano a usare i ragazzi entriamo in nuovo terreno”
Il più strano dei riti burocratici che si compie nell’ala ovest della dimora presidenziale fa decadere le promesse che Obama aveva fatto alla sua nazione come quella della chiusura della prigione di Guantanamo che risulta, invece, funzionante e dove sono rinchiusi alcuni terroristi come Faisal Shalizad che fu arrestato per la tentata strage al Times Square nel 2010 e dichiara come i droni colpiscano indistintamente tutta la popolazione, anche i bambini. I droni americani, infatti, sono le armi predilette dalle potenze belliche impegnate in questa lotta al terrorismo che mira e colpisce non solo i jihadisti di Al Qaeda. A settembre è stato ucciso Anwar al-Awlaqui, un cittadino americano di origine yemenita, leader di Al Qaeda nella penisola arabica, e dall’inizio di aprile, inoltre, sono state colpite le basi terroristiche dove sono morti 14 colonnelli in Yemen, 6 in Pakistan , 1 in Afghanistan, e altri uomini anche in Yemen e in Somalia.
Barack Obama, tuttavia, intende precisare che è opportuno evitare il più possibile di coinvolgere tra i bersagli anche i civili ma se i cosiddetti “combattenti”, uomini di età adultà, si trovano nei paragi dell’obiettivo sono da considerarsi collaboratori dei terroristi. L’utilizzo degli UAV, Unmanned Aerial Vehicles, cioè i droni che sono muniti di super armi e sono in grado di volare senza la guida di un pilota umano mettono in atto una strategia militaristica potente e micidiale che si scontra con i progetti di pace che il presidente prometteva. Ora, invece, anche lui sostiene una guerra definita giusta e sfogliando le foto di coloro che terrorizzano il mondo non esita a dare l’ok per una esecuzione che non risparmia neanche gli adolescenti perché, come afferma Obama “se iniziano a usare i ragazzi entriamo in nuovo terreno”
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di chi non fidarci
Svizzera: contro Grexit controllo sui capitali in ingresso
Task force al lavoro: si studia un modo per disincentivare il flusso di capitali in ingresso in caso di Eurocrash
Se n’è parlato molto la settimana scorsa. Alcuni dirigenti dell’Unione Europea avevano invitato gli Stati a prepararsi all’ipotesi Grexit, ovvero all’eventuale uscita della Grecia dall’Euro.
Subito poi sono arrivate le smentite e i “cessate allarmi”. Ma in realtà si è voluto lanciare un sasso e poi togliere la mano, per mandare un messaggio che poi, chi voleva, recepiva ed utilizzava come preferiva.
Tra i tanti paesi molto attenti alle vicende Euro (e che non ne fa parte) cen’è uno che è interessatissimo a questa tematica, soprattutto perché è visto come l’alternativa all’Euro (valuta rifugio, paese rifugio) e sia perché eventuali shock sull’Eurozona potrebbero portare utleriore volatilità sui cambi, che vengono faticosamente tenuti sotto controllo.
Stiamo ovviamente parlando della Svizzera.
Infatti sembra proprio, da un articolo apparso sul WSJ che lo stato elvetico sia già pronto al Grexit, o comunque sia molto vicino alla costruzione di un firewall degno di nota, partendo proprio dal problema clou che si verrebbe a generare, ovvero il flusso di capitali in ingresso.
Si tratterebbe di una serie di controlli sui capitali in ingresso con una serie di disincentivi (visti già negli anni ’70) che andrebbero ad evitare una valanga di acquisti di CHF, con conseguente super rivalutazione della valuta e cross EUR-CHF che rischierebbe di saltare come una molla, oltrepassando quell’area 1.20 che la SNB sta continuando a difendere.
Immaginatevi la scena: se il cross EUR-CHF vola a 1:1, come la metterà la Svizzera con l’export? Diventerebbe dal punto di vista commerciale inavvicinabile, e l’economia elvetica andrebbe semplicemente in tilt.
Ovvio, al momento non abbiamo ancora dati certi. Però posso dirvi che c’è già una task force al lavoro per trovare la soluzione migliore.
La task force è guidata dal presidente della banca centrale svizzera Thomas Jordan, dal ministro delle Finanze Evelyne Widmer-Schlumpf più Anne Héritier Lachat, capo del servizi finanziari Finma settore regolatore.
“Dobbiamo essere preparati a qualsiasi evenienza, anche che l’UE cada a pezzi, anche se non mi aspetto che questo accada”, ha detto Jordan in un’intervista al settimanale svizzero Sonntagszeitung.
“La task force si concentra su misure che richiedono la cooperazione tra il governo e la banca centrale nella lotta contro la forza del franco svizzero”.
Tradotto significa un severo controllo sui capitali. Diciamo che questo è il minimo che dobbiamo aspettarci dalla Svizzera, e forse è anche la più facilmente fattibile come operazione a difesa di eventuale Grexit.
Credo che gli altri paesi, in particolar modo quelli membre dell’UE, avranno qualche problemino in più a creare un firewall credibile. Anche se secondo me resterà sempre inutile e mai realmente efficace.
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Se n’è parlato molto la settimana scorsa. Alcuni dirigenti dell’Unione Europea avevano invitato gli Stati a prepararsi all’ipotesi Grexit, ovvero all’eventuale uscita della Grecia dall’Euro.
Subito poi sono arrivate le smentite e i “cessate allarmi”. Ma in realtà si è voluto lanciare un sasso e poi togliere la mano, per mandare un messaggio che poi, chi voleva, recepiva ed utilizzava come preferiva.
Tra i tanti paesi molto attenti alle vicende Euro (e che non ne fa parte) cen’è uno che è interessatissimo a questa tematica, soprattutto perché è visto come l’alternativa all’Euro (valuta rifugio, paese rifugio) e sia perché eventuali shock sull’Eurozona potrebbero portare utleriore volatilità sui cambi, che vengono faticosamente tenuti sotto controllo.
Stiamo ovviamente parlando della Svizzera.
Infatti sembra proprio, da un articolo apparso sul WSJ che lo stato elvetico sia già pronto al Grexit, o comunque sia molto vicino alla costruzione di un firewall degno di nota, partendo proprio dal problema clou che si verrebbe a generare, ovvero il flusso di capitali in ingresso.
Si tratterebbe di una serie di controlli sui capitali in ingresso con una serie di disincentivi (visti già negli anni ’70) che andrebbero ad evitare una valanga di acquisti di CHF, con conseguente super rivalutazione della valuta e cross EUR-CHF che rischierebbe di saltare come una molla, oltrepassando quell’area 1.20 che la SNB sta continuando a difendere.
Immaginatevi la scena: se il cross EUR-CHF vola a 1:1, come la metterà la Svizzera con l’export? Diventerebbe dal punto di vista commerciale inavvicinabile, e l’economia elvetica andrebbe semplicemente in tilt.
Ovvio, al momento non abbiamo ancora dati certi. Però posso dirvi che c’è già una task force al lavoro per trovare la soluzione migliore.
La task force è guidata dal presidente della banca centrale svizzera Thomas Jordan, dal ministro delle Finanze Evelyne Widmer-Schlumpf più Anne Héritier Lachat, capo del servizi finanziari Finma settore regolatore.
“Dobbiamo essere preparati a qualsiasi evenienza, anche che l’UE cada a pezzi, anche se non mi aspetto che questo accada”, ha detto Jordan in un’intervista al settimanale svizzero Sonntagszeitung.
“La task force si concentra su misure che richiedono la cooperazione tra il governo e la banca centrale nella lotta contro la forza del franco svizzero”.
Tradotto significa un severo controllo sui capitali. Diciamo che questo è il minimo che dobbiamo aspettarci dalla Svizzera, e forse è anche la più facilmente fattibile come operazione a difesa di eventuale Grexit.
Credo che gli altri paesi, in particolar modo quelli membre dell’UE, avranno qualche problemino in più a creare un firewall credibile. Anche se secondo me resterà sempre inutile e mai realmente efficace.
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