mercoledì 30 maggio 2012

La “Kill List” di Obama

Il quotidiano “New York Times” e il settimanale “Newsweek” hanno pubblicato un’inchiesta che svela alcuni aspetti della politica adottata dal presidente americano che tanto aveva a cuore la pace della nazione e che si faceva scudo, durante la sua campagna elettorale del 2008, con gli ideali che lo hanno portato poi alla vittoria. Ma quello che accade il “Terror Tuesday”, martedi dell’orrore, nella “Situation Room” della Casa Bianca è a dir poco ammirevole. Ogni settimana Barack Obama accoglie John Brennan, consigliere antiterrorismo nonché funzionario della Cia per 25 anni, Tom Donilon, consigliere per la Sicurezza Nazionale, e David Axelrod, stratega politico, e insieme vagliano i dati raccolti da un centinaio di funzionari dell’antiterrorismo, autori di una “Kill List”, si tratta di una lista di nomi dei terroristi ritenuti più pericolosi appartenenti ad Al Qaeda e che dovranno essere uccisi. La sorte dei criminali è autorizzata dal presidente che, nonostante vanta il premio Nobel per la Pace 2009, rilascia la licenza di uccidere in seguito a una nomination consentendo così una logica di eliminazione violenta messa in atto dagli uomini del Pentagono e della Cia.
Il più strano dei riti burocratici che si compie nell’ala ovest della dimora presidenziale fa decadere le promesse che Obama aveva fatto alla sua nazione come quella della chiusura della prigione di Guantanamo che risulta, invece, funzionante e dove sono rinchiusi alcuni terroristi come Faisal Shalizad che fu arrestato per la tentata strage al Times Square nel 2010 e dichiara come i droni colpiscano indistintamente tutta la popolazione, anche i bambini. I droni americani, infatti, sono le armi predilette dalle potenze belliche impegnate in questa lotta al terrorismo che mira e colpisce non solo i jihadisti di Al Qaeda. A settembre è stato ucciso Anwar al-Awlaqui, un cittadino americano di origine yemenita, leader di Al Qaeda nella penisola arabica, e dall’inizio di aprile, inoltre, sono state colpite le basi terroristiche dove sono morti 14 colonnelli in Yemen, 6 in Pakistan , 1 in Afghanistan, e altri uomini anche in Yemen e in Somalia.
Barack Obama, tuttavia, intende precisare che è opportuno evitare il più possibile di coinvolgere tra i bersagli anche i civili ma se i cosiddetti “combattenti”, uomini di età adultà, si trovano nei paragi dell’obiettivo sono da considerarsi collaboratori dei terroristi. L’utilizzo degli UAV, Unmanned Aerial Vehicles, cioè i droni che sono muniti di super armi e sono in grado di volare senza la guida di un pilota umano mettono in atto una strategia militaristica potente e micidiale che si scontra con i progetti di pace che il presidente prometteva. Ora, invece, anche lui sostiene una guerra definita giusta e sfogliando le foto di coloro che terrorizzano il mondo non esita a dare l’ok per una esecuzione che non risparmia neanche gli adolescenti perché, come afferma Obama “se iniziano a usare i ragazzi entriamo in nuovo terreno”

Svizzera: contro Grexit controllo sui capitali in ingresso

Task force al lavoro: si studia un modo per disincentivare il flusso di capitali in ingresso in caso di Eurocrash

Se n’è parlato molto la settimana scorsa. Alcuni dirigenti dell’Unione Europea avevano invitato gli Stati a prepararsi all’ipotesi Grexit, ovvero all’eventuale uscita della Grecia dall’Euro.
Subito poi sono arrivate le smentite e i “cessate allarmi”. Ma in realtà si è voluto lanciare un sasso e poi togliere la mano, per mandare un messaggio che poi, chi voleva, recepiva ed utilizzava come preferiva.

Tra i tanti paesi molto attenti alle vicende Euro (e che non ne fa parte) cen’è uno che è interessatissimo a questa tematica, soprattutto perché è visto come l’alternativa all’Euro (valuta rifugio, paese rifugio) e sia perché eventuali shock sull’Eurozona potrebbero portare utleriore volatilità sui cambi, che vengono faticosamente tenuti sotto controllo.
Stiamo ovviamente parlando della Svizzera.
Infatti sembra proprio, da un articolo apparso sul WSJ che lo stato elvetico sia già pronto al Grexit, o comunque sia molto vicino alla costruzione di un firewall degno di nota, partendo proprio dal problema clou che si verrebbe a generare, ovvero il flusso di capitali in ingresso.

Si tratterebbe di una serie di controlli sui capitali in ingresso con una serie di disincentivi (visti già negli anni ’70) che andrebbero ad evitare una valanga di acquisti di CHF, con conseguente super rivalutazione della valuta e cross EUR-CHF che rischierebbe di saltare come una molla, oltrepassando quell’area 1.20 che la SNB sta continuando a difendere.

Immaginatevi la scena: se il cross EUR-CHF vola a 1:1, come la metterà la Svizzera con l’export? Diventerebbe dal punto di vista commerciale inavvicinabile, e l’economia elvetica andrebbe semplicemente in tilt.

Ovvio, al momento non abbiamo ancora dati certi. Però posso dirvi che c’è già una task force al lavoro per trovare la soluzione migliore.
La task force è guidata dal presidente della banca centrale svizzera Thomas Jordan, dal ministro delle Finanze Evelyne Widmer-Schlumpf più Anne Héritier Lachat, capo del servizi finanziari Finma settore regolatore.

“Dobbiamo essere preparati a qualsiasi evenienza, anche che l’UE cada a pezzi, anche se non mi aspetto che questo accada”, ha detto Jordan in un’intervista al settimanale svizzero Sonntagszeitung.
“La task force si concentra su misure che richiedono la cooperazione tra il governo e la banca centrale nella lotta contro la forza del franco svizzero”.

Tradotto significa un severo controllo sui capitali. Diciamo che questo è il minimo che dobbiamo aspettarci dalla Svizzera, e forse è anche la più facilmente fattibile come operazione a difesa di eventuale Grexit.
Credo che gli altri paesi, in particolar modo quelli membre dell’UE, avranno qualche problemino in più a creare un firewall credibile. Anche se secondo me resterà sempre inutile e mai realmente efficace.











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