Mentre ancora non riesce a superare del tutto la crisi greca, l'Eurozona entra ufficialmente in recessione: con una contrazione dello 0,3% e otto Paesi su 17 in terreno negativo, Bruxelles decreta lo stato d'emergenza dell'economia di Eurolandia e non dà speranze per i primi sei mesi del 2012.
Qualche spiraglio nel secondo semestre, ma tutto è nelle mani dei governi che devono far ripartire le loro locomotive, senza distrarsi dallo sforzo di risanamento dei conti, e cercando di rafforzare gli strumenti anticontagio come il fondo salva-Stati, che per la Commissione Ue è una priorità.
"L'inattesa stagnazione della ripresa a fine 2011 si estenderà ai primi sei mesi del 2012" portando la crescita dell'Eurozona a contrarsi dello 0,3%: così Bruxelles ha rivisto al ribasso le previsioni dell'autunno, che davano un +0,5%. "Il circolo vizioso composto da crisi dei debiti, mercati fragili ed economia reale che rallenta non si è interrotto" come sperava l'Unione Europea. Anzi, è peggiorato anche a causa di "misure addizionali di rigore prese da alcuni Stati molto indebitati, che hanno avuto un impatto sulle prospettive di crescita a breve termine". Una ripresa si potrà avere soltanto nella seconda metà del 2012, ma "più modesta e più in ritardo di quanto era stato previsto lo scorso autunno". E ciò anche in virtù della crisi greca che non trova una soluzione definitiva, ha spiegato ieri il commissario agli affari economici Olli Rehn. Sono otto i Paesi della zona Euro in recessione nel 2012: Italia (-1,3%), Spagna (-1,0%), Belgio (-0,1%), Olanda (-0,9%), Cipro (-0,5%), Slovenia (-0,1%), e naturalmente Grecia (-4,4%), per il quinto anno in recessione, e Portogallo (-3,3%), già sotto programma di aiuti.
E se la crisi dei debiti non si dovesse placare, con i mercati ancora fragili, per Bruxelles ci sarebbe un collasso della domanda che scatenerebbe una recessione profonda e prolungata che non risparmierebbe nemmeno chi, come Germania (+0,6%) e Francia (+0,4%), finora non sono state toccate dalla recessione.
Per questo "occorre rafforzare il firewall", anche "per tornare alla crescita", ha detto Rehn, spiegando che un progresso in tal senso c'é stato ma "non è ancora sufficiente".
Il muro anti-contagio è all'ordine del giorno del summit Ue del 1-2 marzo, ma la Germania continua ad opporsi ad ogni idea di aumentare la capacità del fondo Esm, attualmente dotato di 500 miliardi di euro e che molti vogliono portare a 750, sommando ciò che resta del fondo salva-Stati temporaneo Efsf
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