giovedì 8 marzo 2012

Apple, ovvero l’ennesima catastrofe (non) annunciata

Riporto un articolo di Francesco Caruso su Apple, tutti sanno quanto io sia sempre stato convinto delle grandi performance di Apple , e per quanto storni di mercato siano sempre alle porte sopratutto per un'azione come la Apple che non paga dividendi ma paga con performance e quindi con un beta più alto e più sensibile a rallentamenti di mercato, parlare di bolla speculativa com fa Caruso mi sembra molto molto molto azzardato per molti fattori.

Prima dell'articolo date un'occhiata all'ultimo Apple Specil Event dove Tim Cook Ceo Apple ha presentato qualche numero per Apple oltre al nuovo IPad Hd

Con i suoi 505 miliardi di USD di capitalizzazione, il titolo Apple (AAPL) è arrivato a valere oggi, approssimativamente (dati ufficiali Federazione Mondiale delle Borse):
1/30 dell’intero, mostruoso debito pubblico americano
il 15% delle borse di Londra e Tokyo
il 20% delle borse di Shanghai e Hong Kong (chissà cosa ne pensa qualche miliardo di cinesi)
il 26% della borsa canadese
il 42% della borsa australiana
il 43% della borsa tedesca (chissà cosa ne pensa la Merkel)
il 46% della borsa svizzera (che forse è a sua volta un filo sopravvalutata, mi perdonino i miei amici luganesi, visto che vale una volta e mezzo quella russa e quasi come quella tedesca)
il 50% delle borse spagnola e indiana (chissà cosa ne pensa un miliardo di indiani)
il 65% della borsa russa (chissà cosa ne pensa Putin)
il 100% della borsa italiana (chissà cosa ne pensate voi).

Solo per fare un altro esempio, Apple ha 60’400 dipendenti, meno di un terzo della Fiat (quasi 200’000) che pero’ capitalizza 1/60 di Apple. Google, invece, capitalizza “solo” 200 miliardi di USD (tanto per capirci: come tre manovrone salvaitalia, oppure un po’ meno del debito pubblico greco oppure circa 1/12 dell’intero debito pubblico italiano) con 32’000 dipendenti. Viviamo in tempi interessanti.
Quando una bolla si puo’ definire tale? Ne avevo parlato a proposito dell’oro (concludendo che non era in bolla). A mio modo di vedere, una bolla ha tre “hallmarks” tecnici:
1. l’accettazione universale dell’idea di perpetuazione della salita (e mai nella storia dei mercati fu vero come lo è oggi per Apple);
2. l’ECCESSO DI PRESENZA di un asset nei portafogli (specie dei piccoli investitori), non un generico ECCESSO DI VALORE, che è solo figlio del primo;
3. una bolla per esistere ed essere tale deve FAR MALE A TANTI, quando scoppia (e quando la bolla Apple scoppierà, farà MOLTO male a MOLTI).

Apple è – a mio parere - il perfetto esempio di bolla speculativa in fase parabolica.


E’ il contrappasso dantesco del Gas Naturale, che non sale mai e che comincerà a salire solo quando l’ultimo investitore (probabilmente a leva), stremato, lo venderà vicino a zero. Provate a dire a un professionista del settore che Apple è in bolla: vi diranno che non è vero, vi diranno che Apple è un’azienda meravigliosa (e lo è senza dubbio) destinata a cannibalizzare tutte le altre aziende del settore sul mercato. E molto probabilmente per qualche mese ancora lui e tutti quelli che sono ultrabullish su Apple avranno ragione. Nessuno, men che meno il sottoscritto, ha la piu’ pallida idea di dove si concluderà questo movimento: anzi, storicamente queste situazioni perdurano ancora qualche mese prima del climax conclusivo, dopo che che qualcuno, tra lo scetticismo generale, comincia a segnalarle. Apple da mesi sale con volumi che scendono. Il ristorante alza i prezzi ma gli avventori sono sempre meno.
Ma attenzione, qui arriva l’Effetto Speciale. Apple è stata ipercomperata come adesso (RSI quarterly sopra 90) solo tre volte nel passato:
1. prima del Crash del 1987
2. sul Grande Top del 2000
3. poco prima del Crash del 2008

Apple - dati trimestrali

Questi sono i dati. Vedete voi.

Pertanto non so quando (penso non tra molto), ma ho qualche idea di piu’ su “come” si concluderà la faccenda, perché la storia si ripete e al posto di Apple, negli ultimi decenni, ci sono stati tanti meravigliosi titoli/mercati di cui si cantavano le sorti magnifiche e progressive e di cui ora si ha solo vago ricordo o che languono a decine e decine di punti percentuali da quando – anni e anni fa – gli ultimi entusiasti compratori li avevano acquistati introrno ai massimi.
Esempi sparsi.
Microsoft, che nel 2000 valeva 53 e ora 31.
Il Nasdaq, che nel 2000 valeva 5500 e ora 3000.
Worldcom – fallita
Enron – fallita
General Electric, che nel 2000 valeva 60 e ora 19
Cisco, che nel 2000 valeva 82 e ora 20
Oracle, che nel 2000 valeva 46 e ora 29
Coca Cola, che nel 1998 valeva 86 e ora 69
La borsa italiana, che nel 2000 valeva 50000 e ora poco piu’ di 16000
Buy & hold, dove sei?
Tutte aziende e mercati meravigliosi che – mentre salivano a parabola – tutti avevano in portafoglio e nessuno discuteva.
Quando un titolo arriva a capitalizzare oltre ogni senso logico, succede SEMPRE qualcosa che lo riporta sulla terra, al di là di ogni giudizio di valore sul suo prodotto. Microsoft negli ultimi 10+ anni ha fatto pena, ma i suoi prodotti li usiamo tutti. La Coca la beviamo tutti, ma è ancora sotto ai massimi di 14 anni fa. Azienda e titolo NON rappresentano sempre la stessa realtà.
Attenzione: opporsi a questi movimenti (= andare short) nella loro fase conclusiva è tuttavia come cercare di fermare un treno impazzito col pensiero. Ma lo scrivente si permette – esattamente come fece tra fine 1999 e inizio 2000 poco prima dello scoppio della bolla di Internet – di suggerire ai suoi lettori di monitorare per bene le proprie eventuali posizioni, alla vigilia di altre strombazzate magnificenze come il collocamento di Facebook, mirabolante azienda sfamatrice di popoli e genti, e magari la stessa Linkedin che – con, udite udite, ben 2116 dipendenti (!) – capitalizza piu’ di Fiat. E chissà cosa ne penserebbe la Camusso se glielo dicessero.
Perdonatemi il sarcasmo e il cinismo, non voglio mancare di rispetto a nessuno, i soldi sono sacri e i mercati sono gli unici giudici di sé stessi: ma qui su Apple siamo alla follia pura, senza che uno - dico uno solo – dei tanti paracommentatori borsistici su web o tv si sia degnato di dire una sola parola sul fatto. Non per dare suggerimenti: solo per “istruzione culturale” del povero investitore e – magari – per amore della ricerca della ragion perduta, per una volta tanto con qualche mese di anticipo sull’ennesima catastrofe che, come al solito, è davanti agli occhi di tutti ma che nessuno ha il coraggio di annunciare.

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