lunedì 16 aprile 2012

EUR / USD

Test sul livello 1,30 per l' eur/usd con rimbalzo fino a livello 1.3046

Macro Calendar

Potete vedere i vari Indici Macro cliccando sulla pagina Macro Calendar in alto a destra  

Come per la situazione economica lo scenario d'Oltreoceano è ben differente rispetto a quello del Vecchio continente. Sebbene i risultati delle big della finanza Usa non siano brillanti, e in particolare potrebbero essere deludenti per Citigroup e Bank of America, sono gli Istituti di credito europei a essere al centro della nuova tempesta del debito. Osservate speciali, in particolare, le grandi banche spagnole. Per quanto riguarda la pubblicazione dei dati strettamente relativi all'economia, da segnalare la pubblicazione di indice Zew e Ifo in Germania, rispettivamente martedì e venerdì. Il primo dovrebbe segnare un leggero arretramento, coerente con il ritorno dell'alta tensione sui mercati, il secondo rimanere stabile o in marginale rialzo. Martedì verrà invece reso noto l'indice dei prezzi al consumo in Europa relativo al mese di marzo che sarà gravato, per quanto riguarda la rilevazione headline, dalle tensioni sui prezzi energetici.

EUR/USD

A dispetto della prosecuzione della tensione sul problema dell'indebitamento dei Paesi periferici, l'euro è riuscito a tenere le posizioni contro il dollaro e conserva ancora un piccolo rialzo rispetto a inizio anno. Nel corso della settimana la valuta unica è riuscita addirittura a riportarsi nei pressi di quota 1,32, livello di transito della media mobile a 55 giorni. La candela nera di chiusura ottava, tuttavia, lascia aperti più dubbi che certezze sulla capacità di tenere ancora le posizioni. A essere messo in discussione potrebbe essere il supporto a 1,3033/3030 e successivamente i minimi del 16 febbraio a 1,2974. La caduta di questo livello confermerebbe l'avvento di un quadro grafico negativo la cui proiezione ribassista avrebbe come target i minimi di gennaio, in area 1,2624/2626 con livello intermedio a 1,2859. Per allontanare lo scenario descritto la valuta unica dovrebbe recuperare 1,3213 contro il dollaro e spingersi da lì fino a 1,3336
 

Oil Market Report

Nella giornata del 12/4 è stato pubblicato l’ Oil Market Report, informativa di fondamentale importanza per gli operatori del settore. Il documento redatto dall’IEA (International Energy Agency) diffonde le stime dell’agenzia mensilmente cercando di mostrare con una panoramica le dinamiche che regolano la domanda e l’offerta nel complesso mercato del petrolio.
Cerchiamo di riassumere i concetti principali, nella recente pubblicazione si prevede una domanda mondiale di petrolio in crescita nel 2012 di 0.8 mb/g a 89.9 mb/g (+0.9% a/a).
La produzione totale dei Paesi al di fuori dell’OPEC (The Organization of the Petrolem Exportuing Countries) dovrebbe aumentare a 53.4 mb/g nell’anno in corso, segnando una variazione percentuale dello 0.7. Le interruzioni non pianificate di produzione, nei suddetti Paesi, hanno però toccato picchi di 1.1 mb/g durante i primi tre mesi dell’anno, queste frenate hanno fermato l’output a 53.2 mb/g. L’offerta richiesta implicitamente ai membri dell’OPEC per bilanciare il mercato globale è stimata a 30.1 mb/g per il 2012. Durante il mese di marzo la produzione OPEC è ai massimi, i livelli raggiunti sono i più alti degli ultimi tre anni, il valore è di 31.43 mb/g. Diversi paesi si sono impegnati a ridurre le importazioni in vista delle possibili riduzioni dell’offerta Iraniana nei mesi a venire.
In febbraio le scorte totali di petrolio presso i Paesi OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) sono scese di 12.4mb a 2630mb, rispetto alla media di 38.8 mb. Il deficit dello stock nei confronti della media a 5 anni denota un restringimento di 13.9 mb, dai 40.4 mb in gennaio. I giorni di consumo stimati sono aumentati a 59.6 con una variazione di 1.2 giorni. I primi dati di marzo mostrano invece un’inversione di tendenza con un incremento a 22.6 mb nelle scorte dei Paesi OCSE.
Queste le indicazioni per i prossimi 12-18 mesi da parte dell’IEA, nella mattinata le materie prime hanno aperto in territorio negativo a causa delle indicazioni negative dei dati macro cinesi, che mostrano l’economia in lieve rallentamento, nuovi prestiti e i dati sulla produzione industriale sono sopra le aspettative.

Valute: Euro in discesa nei forzieri. Si torna al Dollaro USA.

Con gli Eurobond la situazione potrebbe cambiare. Ma ora mancano emittenti affidabili nell’Eurozona

Euro che nasce con un obiettivo: diventare la vera alternativa al Dollaro USA. Euro che progressivamente cresce ma che poi, quando arriva la crisi, mostra tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni.

E così, progressivamente , l’Euro perde credibilità, forza e peso nei forzieri.
Un report di Barclays ci dimostra che l’Euro è in declino, se non proprio nel cross con il Dollaro USA, ma come valuta di riserva. Anche perché la qualità della “carta” (Bond) è sempre più bassa. E in Eurozona, l’unica obbligazione (che possieda anche volumi di scambio difendibili) ricercata e ben comprata è solo più quella tedesca, il Bund. Altri mercati, in primis quello italiano, uno dei più liquidi del mondo, viene tralasciato perché rappresenta più rischi che opportunità. Troppo forti i rischi di future ristrutturazioni del debito o nuovi rischi di solvibilità e quindi alta volatilità nei corsi.

Grafico valute di riserva



Ripartizione % delle riserve mondiali di valuta delle banche centrali (Fonte: Barclays Capital/Sober Look) Chi ovviamente ha recuperato terreno è sempre lui, l’antagonista di sempre , il Dollaro USA ma anche altre monete come il CAD e l’AUD, nuove realtà più solide di quelle con l’Euro.  Forse l’unica alternativa che potrebbe creare di nuovo un po’ di fiducia sarebbe la nascita degli Eurobond. Ma questa storia ormai è arcinota. Qualcuno proprio non ne vuole sapere…


source 

APRILE HA GIA' CANCELLATO I RIALZI DEL PRIMO TRIMESTRE


"Sell in may and go away" recita un motto conosciuto negli ambienti finanziari. Quest'anno le Borse europee non hanno atteso il mese di maggio per intraprendere la strada della discesa. Sono bastate le prime due settimane di aprile per cancellare i rialzi messi a segno nei primi tre mesi dell'anno. Escluso il Dax ovviamente. L'indice guida della Borsa di Francoforte mantiene un rialzo in doppia cifra da inizio anno, mentre il domestico Ftse Mib è già sotto di quasi il 5 per cento e l'Ibex35 neanche ci ha provato a guadagnare terreno e soccombe del 15,3%. Una scala di valori che riflette perfettamente le condizioni delle diverse nazioni. La sensazione netta è che i mercati attribuiscano alla Spagna una probabilità molto bassa di farcela da sola. Si aggiungerebbe in tal caso a Irlanda, Portogallo e Grecia nella lista dei paesi salvati. Con l'aggravante del rischio di trascinare con se l'Italia. Il denaro dei fondi salva-Stati non sarebbe a quel punto sufficiente. Per ora, tuttavia, dalla parti di Berlino fanno professione di austerità. Questa è la medicina/punizione richiesta per le nazioni meno virtuose con il rischio di uccidere, insieme con il virus, l'intero organismo. Rimane in un limbo sospeso la Francia, in attesa delle elezioni presidenziali di domenica prossima, precedute venerdì dalla riunione dei ministri dell'Economia e dei banchieri centrali dei paesi del G20.  

SPREAD BTP/BUND DEL 16-04-12


L'Europa, un malato terminale

L’economia italiana va male. Decisamente male. Anche il resto dell’Europa non sta bene ma non male come noi, salvo Grecia, Spagna e Portogallo. Il singolo cittadino è angosciato come il passeggero d’un aereo in avaria, perché più che spaventarsi non può fare.
Siamo tutti coscienti della fallibilità umana. Come sostiene Carlo Cipolla, ogni ambiente ha la stessa percentuale di cretini: e dunque essi ci sono anche nelle stanze del potere. Ma il buon senso vuole che non si pensi a tutti i grandi leader europei come ad una manica d’imbecilli. E allora forse bisogna cambiare paragone. Invece di pensare ad un aereo che balla nella tempesta, pensiamo ad una tranquilla stanza in cui sono riuniti, intorno al letto dell’illustre malato, i più grandi clinici della nazione. Nessuno dubita della loro competenza. Essi hanno studiato con estrema cura i sintomi, hanno discusso fra loro, hanno consigliato rimedi, hanno promesso piccoli miglioramenti. Hanno anche chiesto dei sacrifici, in vista della futura guarigione: e tuttavia il malato non guarisce ed anzi peggiora, mese dopo mese. Quando la febbre diminuisce, e qualcuno comincia a sperare un po’, ecco che essa risale, togliendo ogni illusione. Analogamente, dopo che lo spread aveva dato segni di calo, non solo è di nuovo aumentato, ma è aumentato anche il differenziale fra i titoli di stato francesi e quelli tedeschi. In un caso del genere, la conclusione è una soltanto: non sono i medici che non sanno curare la malattia, è il malato che non può essere curato.

In questa eclisse della speranza, si può cercare la piccola soddisfazione intellettuale della comprensione. Come mai la malattia è incurabile? La risposta a questo interrogativo sarà opinabile, ma qualche ipotesi è meglio di niente.
Gli Stati della zona euro si sono messi in una situazione di stallo ed anzi d’impotenza. Può darsi che l’abbiano fatto volontariamente, per rendere il cammino verso l’unione politica del tutto irreversibile; può darsi lo abbiano fatto involontariamente, nella convinzione di potere malgrado tutto governare i fenomeni economici: certo è che la situazione attuale fa pensare al gioco del lupo, della capra e dei cavoli. Solo che qui non c’è la soluzione.

L’uscita dall’euro di un gigante come l’Italia provocherebbe tali e tanti danni, anche per gli altri, che tutti cercano di scongiurarla. Del resto s’è visto con la Grecia: quando ci sono state le prime avvisaglie, la Germania ha guardato da un’altra parte. Poi Atene è stata sull’orlo del default dichiarato (quello sostanziale c’è già) e tutti si sono precipitati ad aiutarla. Ma mentre prima sarebbe bastato un bastone, poi è stata necessaria la sedia a rotelle.
L’Italia dal punto di vista contabile è in condizioni meno drammatiche, ma i mercati hanno dei dubbi sulla sua capacità di continuare a pagare gli interessi sul debito pubblico. Gli interessi, si badi: di rimborsare il capitale non si parla neppure. E come se non bastasse, l’ammontare di tale debito continua inesorabilmente ad aumentare, non essendosi raggiunto il pareggio di bilancio.

E allora ecco la situazione: se si rompe l’euro i danni sono tali, per tutti, che il fatto viene visto con terrore. Ma le cause per le quali tale avvenimento è possibile sono tutte lì e sono ineliminabili. Se si va avanti c’è il baratro, se si sta fermi a poco a poco ci si apre il terreno sotto i piedi.

In questo frangente, che cosa ci ha consigliato, o meglio imposto, l’Unione Europea? L’austerità. Cioè una maggiore tassazione e minori consumi. In questo modo l’euro si rivaluta nel mercato interno ma il prezzo è la recessione. E questo ci fa cadere in una trappola. Se prima, in condizioni normali, si temeva che in futuro il Paese non avrebbe potuto pagare gli interessi sul debito pubblico, divenendo più povero avrà più denaro da dare? Fra l’altro, se cala il prodotto interno lordo - che è il denominatore della frazione che indica il debito pubblico - il numeratore aumenta anche se il debito pubblico in cifra assoluta rimane lo stesso di prima.
C’erano altre soluzioni? Forse l’acceleratore di Keynes: cioè un’immissione di denaro nel mercato interno, per esempio mediante grandi spese pubbliche. Ma dal momento che nessuno dei grandi clinici l’ha consigliato, forse è un rimedio sbagliato.

L’ideale sarebbe rimettere indietro l’orologio. Abolire l’euro e tornare ai cambi liberi. Ma è possibile? E come farlo?

Intanto il malato peggiora e solo i credenti hanno la risorsa di poter pregare.

Di Gianni Pardo